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Giorgio Andreotta Calò: La scultura lingua morta

Giorgio Andreotta Calò – La scultura lingua mortaGiorgio Andreotta Calò (Venezia 1979) è uno dei più promettenti scultori italiani. Ha frequentato il corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia (1999-2005) e alla Kunsthochschule di Berlino (2003-2004). Nel 2001-2003 e 2007 è stato assistente di Ilya ed Emilia Kabakov. Dal 2008 vive e lavora tra Venezia ed Amsterdam dove è stato artista in residenza alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten (2009-2011). Nel 2011 il suo lavoro è stato presentato alla 54° Biennale di Venezia curata da Bice Curiger. Nel 2012 ha vinto il Premio Italia per l’ arte contemporanea, promosso dal Museo MAXXI di Roma. Nel 2014 ha vinto il Premio New York, promosso dal Ministero per gli Affari Esteri Italiano. È stato selezionato da Chiara Parisi, direttrice e dei programmi culturali della Monnaie de Paris, con un progetto espositivo all’Hôtel de Galliffet, e ispirata al celebre saggio di Arturo Martini “La scultura lingua morta”.La scultura lingua mortaIl progetto di Giorgio Andreotta Calò gravita intorno alla scultura, disciplina che egli porta avanti da anni parallelamente a interventi site specific e azioni performative.La scultura  dunque per lui è la risultante di un processo entropico di trasformazione che a partire dal gesto umano e naturale, prolungato in un tempo e  uno spazio, si cristallizza in un oggetto che rappresenta, nella forma e nei materiali, l’ultimo stadio di modificazione della materia.Così, la forma della clessidra, che riprende in pianta il disegno della galleria dell’Hôtel de Galliffet, sintetizza in forma assoluta la corrosione costante di un legno piantato nell’acqua, soggetto al movimento verticale della marea. Quel legno ricalcato e poi fuso in bronzo si trasforma in materiale incorruttibile, quasi a sospendere e rivelare la fissità del tempo.Nelle clessidre, due elementi speculari sovrapposti rimandano al riflesso dell’ acqua, che coincide per l’artista con l’atto del “riflettere” / pensare, trasferendo così la dimensione formale della scultura a quella concettuale.Le clessidre sono strumenti di misurazione del tempo. E anche i carotaggi, eseguiti recentemente in laguna come tanti attraversamenti della stratificazione geologica della Sua terra,  diventano la formalizzazione di un scansione temporale che l’ artista dispone orizzontalmente nello spazio, eludendo la verticalità del tempo geologico per portarla a una dimensione lineare e dilatata.Attraverso i carotaggi l’artista ottiene l’argilla da utilizzare nella lavorazione della ceramica. Quest’argilla sovraconsolidata ed estremamente compatta, dal nome latino caris/sasso, caranto, è lo zoccolo duro sul quale poggiano le fondamenta di Venezia, letteralmente la  colonna portante e semantica della città.I carotaggi sono disposti nelle sale dell’Hôtel de Galliffet all’interno di tubi di plastica, un guscio di rivestimento che riecheggia la forma della conchiglia.Conchiglia come involucro, guscio, calco. Quei calchi usati nel procedimento di fusione per ricavare dal negativo, il positivo del modello in cera della scultura in bronzo.Negativi sono anche i grandi fogli di carta fotografica impressionata direttamente dalla luce. Sviluppati e fissati, riportano l’impronta evanescente della natura, come cespugli appena mossi dal vento che la carta non riesce a trattenere in un’immagine chiara e definita, tanto che evoca una dimensione onirica del sogno.Due grandi sculture in legno, ricavate anch’esse da tronchi di legno corrosi dall’acqua, assumono una forma vagamente biomorfa, simile a quella di una medusa, ma al tempo stesso ci riportano al mito per la loro somiglianza a teste mozzate, ritratti che improvvisamente si fanno antropomorfi.Foto:Giorgio Andreotta Calò”La scultura lingua morta”particolare della mostra presso l’Istituto Italiano di culturafoto: Vincent Ceraudo

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